Linguaggio: forma di condotta comunicativa atta a trasmettere informazioni e a stabilire un rapporto di interazione che utilizza simboli aventi identico valore per gli individui appartenenti a uno stesso ambiente socioculturale. (Dizionario Treccani)
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Ho qualche dubbio sul fatto che il WEB possa essere definito un ambiente socioculturale, credo che sia infatti composto da diverse anime e culture, ma è certo che, nella ragnatela mondiale, si creano quotidianamente interazioni attraverso simboli unanimemente condivisi e compresi.xxx
Stiamo assistendo alla nascita di un nuovo linguaggio globale, in continua evoluzione, che affianca e talvolta soppianta i vocabolari, le grammatiche e le sintassi tradizionali.xxx
Vediamo alcuni esempi.
OK!
Nel 1981 Claudio Cecchetto porta al successo il brano Gioca Jouer, introducendo i balli di gruppo nel panorama musicale italiano. Il ballo ebbe un enorme successo popolare, restando in vetta alle classifiche per settimane. Chi c’era si ricorda che il pollice alzato era il simbolo di autostop, mentre OK si faceva unendo pollice e indice in una specie di O (chi non c’era può godersi questo piccolo revival anni ’80 qui).
Da quando esiste Facebook, il pollice alzato simboleggia universalmente qualcosa che ci piace, pare in relazione agli antichi Romani e agli spettacoli circensi.
In realtà non esistono prove sul fatto che i Romani utilizzassero il verso del pollice per condannare a morte o salvare un gladiatore, è probabile invece che il pollice chiuso nel pugno simboleggiasse la spada nel fodero e fosse quindi il segnale del giudice per risparmiare la vita dei contendenti, così come visibile su un medaglione romano del III secolo, su cui è raffigurato un giudice, accanto a due gladiatori, nell’atto di premere il pollice nel pugno chiuso, con l’iscrizione «quelli in piedi verranno liberati». L’interpretazione errata, ma ancor oggi diffusa, si deve probabilmente ad un quadro del 1872 di Jean-Léon Gérôme, intitolato appunto “pollice verso”.
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Al di là della digressione storica, l’evoluzione del simbolo “OK!, Mi piace” è riassunta in questi due messaggi: il primo comprensibile agli over 40, il secondo indubbiamente più chiaro anche agli adolescenti.xxx
Emoji
Il prestigioso Oxford Dictionnary della lingua inglese ha recentemente decretato che la parola dell’anno non è una parola, ma è il simbolo della faccina che piange dal ridere.
Gli emoji, spiegano, esistono dagli anni ’90, ma nel 2015 il loro utilizzo è aumentato in maniera consistente, così come è aumentato l’uso stesso della parola emoji.
Il più usato nel mondo quest’anno è proprio questo.
Non è difficile capire il successo e la diffusione di queste “faccine” se pensiamo al limite dei 140 caratteri di Twitter: inserire questo emoji al posto di “sto piangendo dal ridere”, permette di risparmiare circa 20 caratteri.
Sarebbe tuttavia errato pensare che questo nuovo modo di esprimersi sia confinato ai Tweet o alle piattaforme di messaggistica diretta, così come è sbagliato credere che sia usato esclusivamente dagli adolescenti, è infatti diffuso in rete in maniera trasversale, e perfino Hillary Clinton lo ha usato nei Tweet della sua campagna elettorale.
Non è solo negli USA peraltro, che i politici dimostrano di aver capito l’evoluzione linguistica in corso: poche sere fa, il Ministro degli Interni Alfano, durante la trasmissione “Di martedì” condotta da Floris su La7, ha affermato:
“Io lo so caro Floris che lei vuole che io faccia un Tweet, ma non sono cose che si possono dire con 140 caratteri. Mi faccia fare un post”. xxx
Quindici anni fa, questa frase non solo non sarebbe stata capita, ma non sarebbe stata nemmeno possibile.
Hashtag 
Se le parole cambiano, cambiano anche i codici di trasmissione dei messaggi.
Gli Hashtag sono la versione moderna del tam tam, il caratteristico tamburo africano adoperato soprattutto come mezzo per trasmettere a distanza notizie, segnali e messaggi. Con il simbolo # informazioni, notizie, opinioni si diffondono in rete in tempo reale, superando i limiti delle distanze, delle diverse piattaforme Social e spesso anche quelli delle vie ufficiali di comunicazione.
Nelle ultime settimane abbiamo visto come alcuni #Hashtag abbiano mosso l’opinione pubblica ad una velocità impensabile fino a qualche anno fa.
E’ il caso,ad esempio, di #SaveRummo, creato per aiutare il pastificio di Benevento colpito dall’alluvione dell’ottobre scorso. La solidarietà è corsa sul Web e su tutte le piattaforme Social, da Facebook a Instagram, da Google+ a Twitter. Moltissimi italiani hanno comprato confezioni di pasta Rummo, postando poi una foto con il prodotto. L’iniziativa è sfociata quindi in una petizione on line per chiedere che nelle mense scolastiche fosse servita ai bambini la pasta di questo pastificio, per aiutarlo a superare il momento di crisi, appello che è stato accolto da molti comuni e da uno dei maggiori gestori di mense scolastiche in Italia.
La mobilitazione sociale, scaturita sul Web da un Hashtag e dilagata anche fuori dal Web, ha contribuito in pochissimo tempo a risolvere una situazione decisamente critica.
Il pastificio Rummo, ha ringraziato tutti, proprio con un Tweet.
Memoria
Il linguaggio dell’uomo è l’unico che conosciamo capace di raccontare, di riportare, di tramandare. Attraverso il linguaggio noi creiamo la nostra memoria.
Se il nostro linguaggio sta cambiando, cambia anche la nostra memoria?
Ne “La camera chiara” Roland Batrthes afferma che in passato le Società facevano in modo che il ricordo fosse eterno, che ciò che esprimeva la Morte fosse immortale e creavano così i monumenti. La Società moderna, continua Barthes, facendo della fotografia – mortale – il testimone principale e naturale di ciò che è stato, ha rinunciato al monumento.
Secondo questa interpretazione, viviamo oggi in una Società delle immagini paradossalmente senza memoria, in cui il susseguirsi degli istanti fotografati coi nostri smartphone, crea un eterno presente, senza profondità storica.
Non è banale.
Una Società senza memoria è senza anima e non conosce giustizia. La memoria, infatti, implica un atto di redenzione: ciò che ricordiamo è salvato dall’annullamento, mentre l’oblio equivale a una condanna.
Eppure in questi giorni mi ha colpito molto il progetto En Mémoire @ParisVictims nato per custodire, su Twitter, la memoria di tutti coloro che sono morti a Parigi il 13 novembre scorso.xxx
En Mémoire è un monumento virtuale, globale, toccante, dove virtualmente deporre fiori o recitare una preghiera.xxx
Nella galassia effimera dei Tweet si cerca di fissare il ricordo, di costruire una nuova memoria collettiva, perché se è vero che un Tweet è come un cinguettio lieve che subito scompare lasciando posto ad un altro, è anche vero che di ogni Tweet rimane una traccia indelebile, in quel mondo magico e intangibile del Web.
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