Breve riassunto – con commento – dei dati presentati al convegno organizzato oggi da Osservatori.net del Politecnico di Milano (@Osserv_Digital).

Il mercato della raccolta pubblicitaria in Italia tramite TV, Stampa, Raio, Internet e SMS vale 7.4 miliardi di euro, in leggera crescita rispetto al 2014. 

La maggior parte è ancora legata alla TV che pesa per il 49% del totale, ma l’Internet Advertising si piazza al secondo posto, con una quota del 29% e un incremento di 11 punti percentuali rispetto allo scorso anno, raggiungendo 2.15 miliardi di euro.

Un dato rilevante, che è interessante analizzare per capire le dinamiche del mercato pubblicitario, che si stanno sviluppando attorno alla tecnologia on line.

CONCENTRAZIONE

La pubblicità on line è per lo più nelle mani di pochi colossi internazionali, in particolare Google e Facebook, che sono anche i principali fautori della crescita registrata.

Non è difficile immaginarne i motivi:  le campagne sui Social Network o su Google

  • sono mediamente poco onerose,
  • consentono un’estrema flessibilità nella gestione dei messaggi e nella pianificazione,
  • hanno formati che rispondono ad una logica Native (non interrompono l’utente, ma interagiscono sulla base dei comportamenti),
  • permettono di accedere a bacini di utenza di enormi dimensioni e profilati in modo puntuale.

Rai e Mediaset, che ancora godono del privilegio di detenere il mercato più ricco, si stanno rendendo conto che l’ora di correre ai ripari è scoccata ormai da tempo e che è necessaria una forte spinta verso il mondo digitale.

La sfida maggiore per i due colossi del broadcasting italiano è sicuramente quella di non ragionare più in termini di media, ma di contenuti, visto che gli investitori sono sempre meno propensi ad acquistare spazi e sempre più interessati a raggiungere utenti, indipendentemente dalle fasce orarie, dal luogo fisico e dal dispositivo.


PROGRAMMATIC ADVERTISING

Partendo proprio da quest’ultima osservazione si capisce perché il mercato del Programmatic Advertising in Italia sia passato da meno di 5 milioni nel 2012 a 234 milioni nel 2015, una crescita esponenziale, che fa emergere questa tipologia di investimento come una delle più interessanti anche per il prossimo futuro.

Internet advertising - Programmatic in Italy

Se per il 2016 si prevede una crescita di “soli” 30 punti percentuali, è perché le aziende e le agenzie media stanno cercando di comprendere meglio l’efficacia di uno strumento che, almeno sulla carta, va proprio nella direzione di non ragionare più in termini di slot definiti ex-ante, ma di massimizzazione della visibilità in real time, riuscendo in molti casi a superare indenni anche lo scoglio, sempre più insidioso, del AD Blocking.


MOBILE

Oltre la metà degli utenti accede a Internet tramite dispositivi mobili, tuttavia gli investimenti pubblicitari tra tablet app e smartphone raggiungono appena il 25% del totale.

Se è vero infatti che lo Smartphone è il dispositivo che più di ogni altro ha concorso alla crescita del mercato totale dell’Internet Advertising, portando 160 dei 200 milioni di aumento rispetto al 2014, è altrettanto vero che vale poco più di 450 milioni ed è ancora molto lontano dai 1.617 milioni che girano sui PC.

Internet Advertising per device

Si nota quindi una certa lentezza, da parte degli investitori, nello spostare il budget verso i dispositivi più popolari del momento.

Le ragioni possono essere molteplici:

  • molte aziende hanno siti di vecchia concezione e solo da poco tempo – forse da quando Google ha deciso di penalizzare in termini di SEO i siti non responsive – stanno lavorando sulla creazione di siti ottimizzati anche per il mobile,
  • a corollario di questa prima ipotesi viene il dubbio che manchi una Mobile Strategy, che significa definire dei piani di comunicazione e advertising basati sull’enorme mole di dati ed informazioni che i dispositivi mobili possono portare con sé,
  • difficoltà di valorizzare in modo corretto l’impatto del mobile sulle piattaforme degli altri canali, ovvero di capire quante azioni nascono sul mobile, ma poi si trasformano in interazioni sul desktop.

DMP (Data Management Platform)

Sono le piattaforme tecnologiche che permettono di elaborare e organizzare grandi quantità di dati, strutturati e non, provenienti da fonti eterogenee.

Sono il nocciolo della questione, per quanto riguarda il marketing e la segmentazione.

 Cultura digitale significa – anche – cultura basata sui dati, capacità quindi di riposizionare l’offerta dei contenuti sulla base degli effettivi bisogni.

I cosiddetti OTT (Over The Top), ovvero i giganti come Google o Facebook, insegnano che il successo è basato su solidi e complicati algoritmi di calcolo, che permettono una conoscenza sempre più approfondita degli utenti presenti sulla piattaforma e anche di chi – attraverso un approccio “look-alike” – sulla piattaforma non c’è.

La DMP è quindi la chiave per creare campagne di marketing mirate su specifici obiettivi, per fare previsioni sui comportamenti dei clienti effettivi e potenziali, per gestire in maniera sempre più efficace gli investimenti pubblicitari.


SOCIAL MEDIA

La raccolta pubblicitaria sui Social Media in Italia vale 277 milioni, cresce del 63% rispetto al 2014 e, con una previsione di crescita del +40%, si accinge a raggiungere 400 milioni di euro di fatturato nel 2016.

Abbiamo elencato poco sopra i motivi di questo successo, ma è interessante fare qui un’ulteriore osservazione: circa il 7% del totale raccolto è costituito da video.

Secondo i dati forniti da Doxa 8 utenti su 10 sono abituati a vedere brevi video on line, per lo più su You Tube e Facebook.

Short video views on line - Doxa

Si tratta spesso di video amatoriali e di bassa qualità, ma che non per questo inibiscono la visione, anzi spesso diventano veri e propri fenomeni virali con milioni di visualizzazioni.

Non è quindi un caso se sia Rai che Mediaset, presenti al convegno, hanno sottolineato il loro impegno nella creazione di contenuti, come se, dopo gli anni d’oro, in cui si sono sacrificati alcuni contenuti di qualità, vendendo l’audience al migliore offerente, oggi ci si rendesse conto che i Social sono diventati più bravi a vendere audience ed è quindi necessario tornare alle origini, riscoprire la narrazione, i messaggi, i contenuti, appunto, che i Social Media non possiedono, in quanto editori sui generis in cui la redazione è composta dagli utenti stessi che postano video, foto, messaggi.

In questo scenario si stanno vedendo le prime evoluzioni: You Tube che lancia RED e produce You Tube Originals, video in esclusiva, creati per gli utenti a pagamento. La Rai che, dopo avere abbandonato la piattaforma di video sharing più famosa al mondo, perdendo circa 700.000 euro di ricavi pubblicitari all’anno, pare fare una piccola retromarcia, ma al contempo annuncia di voler razionalizzare la sua presenza on line, con un solo grande portale, capace di contenere l’immenso archivio – e l’immenso valore –  della storia della TV italiana, rendendo i contenuti fruibili a tutti, in modo gratuito, ma magari richiedendo di iscriversi al servizio, ottenendo così quei dati preziosi che Facebook, Instagram e gli altri Social già da tempo sfruttano come asset strategico.

Ne vedremo delle belle, la posta in gioco, ad oggi, vale 7.4 miliardi di euro.